Viaggio storico e letterario nella comunità dei Tatari polacco-lituani attraverso Baśnie, podania i legendy polskich Tatarów di Selim Mirza Chazbijewicz

La famiglia dello scrittore era originaria di Vilnius dove il suo bisnonno, Ibrahim Smajkiewicz, era imam. La consapevolezza di appartenere alla minoranza tatara ha fortemente influenzato la sua produzione poetico-autobiografica.

L’autore cerca di creare una letteratura tataro-polacca in cui fonde tradizione orientale e occidentale. Chazbijewicz nelle sue poesie riunisce sufismo, esistenzialismo, gnosi e psicoanalisi di Jung. Il poeta cerca il suo «io» nei sogni, nei ricordi e nelle memorie (Czerwiński 2011: 7–8). Le sue prime poesie sono a carattere autobiografico, rievocazioni della sua infanzia e delle tradizioni tatare tramandate dalla famiglia. Altri temi ricorrenti nella poesia di Chazbijewicz sono le steppe lontane, l’eredità spirituale lasciata da Gengis Khan, la spiritualità sufi e il costante richiamo ai riti sciamanici. Chazbijewicz non è solo un poeta, ma è anche autore di diversi saggi sulla storia e letteratura dei Tatari polacco-lituani e di Crimea.

Nel 2012 pubblica il libro Baśnie, podania i legendy polskich Tatarów (Fiabe, racconti e leggende dei Tatari polacchi), una raccolta di 21 racconti e leggende tramandati oralmente per secoli. L’autore è abile nel fondere elementi della tradizione turco-mongolica con elementi della tradizione balto-slava. Inoltre i racconti sono accompagnati da simpatiche illustrazioni realizzate dallo stesso autore. Il libro, gentilmente inviatomi da Chazbijewicz, è stato oggetto di analisi e traduzione per la mia tesi di laurea. Il libro è caratterizzato da un linguaggio scorrevole e lineare e presenta termini di origine araba, turca e farsi. I racconti sono caratterizzati generalmente da periodi brevi e da abbondanti descrizioni. La particolarità del libro è l’influenza orientale non solo dal punto di vista linguistico, ma anche stilistico.

Chazbijewicz, come spiega nella prefazione, decide di dare ai racconti la forma della maqama, un genere di prosa rimata che fiorì nel mondo arabo tra IX e XII secolo e che si diffuse anche in Andalusia (Meisami, Starkey 1998: 507–508). Come è tipico della tradizione orientale all’inizio di ogni racconto il narratore riferisce di aver sentito la storia da qualcun altro, in questo caso Selim Mirza, un alter ego dell’autore. L’ultimo racconto si apre con una lunga catena di trasmettitori che inizia con Selim Mirza e si conclude con Ignacy Chodźko, poeta polacco-lituano vissuto nell’Ottocento. Lo scopo della catena dei trasmettitori è quello di dare veridicità ai racconti e di viaggiare a ritroso nel tempo. Nel libro ci sono numerosi riferimenti geografici sia a città dell’Europa orientale sia a città dell’Asia centrale e del mondo islamico.

Per quanto riguarda i nomi dei personaggi dei racconti Chazbijewicz utilizza sia nomi tipicamente slavi sia nomi di origine araba e turco-mongolica. Inoltre alcuni dei protagonisti dei racconti sono personaggi storici. La presenza di figure realmente esistite è importante per l’inquadramento storico del racconto. Spesso i personaggi storici fungono da sfondo, hanno un ruolo marginale, mentre il ruolo da protagonista è affidato a personaggi di pura fantasia.

s. 213-214