Viaggio storico e letterario nella comunità dei Tatari polacco-lituani attraverso Baśnie, podania i legendy polskich Tatarów di Selim Mirza Chazbijewicz

Il primo racconto del libro che ho tradotto come Storia del lupo coraggioso, ha per protagonista un lupo, animale presente in molte leggende e storie di diverse culture in varie parti del mondo. Il racconto è un tipico esempio di fusione tra cultura turco-mongolica e cultura balto-slava. La storia all’inizio è ambientata nel monte Burhan Haldun, in Mongolia, monte considerato sacro da Gengis Khan. Il racconto inizia in un’epoca remota, ai tempi di Tengri Khan, il «Signore degli spiriti», il «Dio dei cieli». Tengri era il Dio supremo al quale i Mongoli, compreso Gengis Khan, erano soliti rivolgere le preghiere e chiedere protezione prima di una guerra. Il lupo vive tra i monti Altai, seminando terrore tra i cacciatori. Divenuto una leggenda, lentamente scompare dalla scena. Improvvisamente Chazbijewicz con un salto spazio-temporale passa dall’ambientazione in Asia centrale all’ambientazione nel mondo balto-slavo. Il lupo infatti ricompare ed è protagonista del sogno di Gediminas (1275–1341), il primo Granduca di Lituania nonché fondatore della città di Vilnius nel 1323. Nell’ultima parte del racconto è chiaro il riferimento alla leggenda del lupo di ferro, che presenta analogie con la lupa capitolina.

Narra la leggenda che il Granduca Gediminas stava cacciando in una foresta sacra. Stancatosi si addormentò nel bosco. In sogno gli apparve un enorme lupo di ferro che dalla sommità di un colle ululava molto forte. Al risveglio il duca chiese a un sacerdote di interpretare il sogno. Questi gli rispose che il lupo era stato mandato in sogno dagli dei perché il duca fondasse una città. Nacque così la città di Vilnius (Suziedelis 1997: 136). Il lupo è, dunque, una figura importante sia nella mitologia turco-mongolica sia nella mitologia balto-slava.

Nella prima parte del racconto il lupo rievoca il leggendario Bozkurt, il lupo celeste della mitologia turco-mongolica, animale sacro inviato da Tengri Khan e da cui sarebbe disceso Gengis Khan e il popolo turco (Sapolyo 1967: 54, 137). L’autore fonde i due miti per creare senso di continuità tra i popoli turco-mongolici e i balto-slavi.

Il secondo racconto, Storia del mago, ha per protagonista una bellissima ragazza di nome Leila, innamorata perdutamente di un giovane principe discendente della famiglia Emir Valil-Lowczyk, una delle più importanti famiglie dell’aristocrazia tatara. A causa del diverso ceto sociale la ragazza non è corrisposta. Un giorno Leila si imbatte in un mago che le promette di aiutarla a conquistare il suo amato attraverso un rituale magico. Condizione necessaria per la realizzazione dell’incantesimo è mantenere il silenzio. Proprio quando il principe stava per cedere, la ragazza sbadatamente si lascia sfuggire il nome del principe davanti a una sua amica. L’incantesimo, così, è annullato.

La giovane fanciulla si chiama Leila, nome di origine araba che letteralmente significa ‘notte, bella come la notte’. Il nome ebbe vasta popolarità nel mondo musulmano, soprattutto nel folklore arabo-persiano e turco grazie al celebre poema Leila e majnun. Il poema narra l’impossibile storia d’amore tra Qays e la bellissima Leila a causa della disapprovazione del padre della ragazza. Qays impazzisce per l’impossibilità di coronare il suo sogno d’amore e per questo viene chiamato majnun letteralmente ‘posseduto dai Jin, pazzo’.

s. 215-216